Rientrato da quattro giorni di wilderness in Sardegna, più che il bottino di nuove forre messo a segno (nel numero di tre, ma potevano benissimo diventare quattro, se non ci si fosse messo in mezzo un piccolo contrattempo), pesano le sensazioni di una terra che ti colpisce per la sua unicità.

Oltre ad essere un grandioso monumento geologico, il supramonte di Oliena e quello di Baunei, ti colpiscono per il loro isolamento.


Gli antichi tracciati dei boscaioli, aperti nei primi del novecento, testimonianza di un’attività umana, e di un’economia che per poco tempo ha girato (come testimoniano le rovine di una dispensa per boscaioli, sperduta in mezzo ai monti), sono oramai tracciati quasi chiusi e semi-nascosti, battuti oramai solo da pochi escursionisti, mossi dall’intenzione di riscoprire quella testimonianza del passato (escursionisti a dire il vero così rari da trovare che, per la cronaca, in quattro giorni non ce ne siamo imbattuti neanche in uno).

Gli accessi alle forre sono difficili e lunghi, le navette a volte impossibili, richiedono lunghe ore per uscire dai rovi e dalla macchia mediterranea.

La difficoltà negli accessi è la spiegazione del perchè sia ancora oggi possibile scoprire tali tesori. Un motivo in più per ringraziare questa terra che si fa disvelare ai nostri occhi; nonostante noi siamo stranieri (non completamente, dal momento che un componente del gruppo era sardo) e profani (seppur non eretici).

Questa terra, seppur aspra, evidentemente ci ha accettato benevolmente.


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